I disegni a matita e carboncino di Sandro Melarangelo sono esposti nella biblioteca provinciale Melchiorre Delfico di Teramo, durante il mese di ottobre
Il celebre pittore teramano dà voce ai suoi disegni a ricordo della battaglia di Bosco Martese, 25 settembre 1943.
Racconta che il 25 settembre 1963, 20 anni dopo la battaglia di Bosco Martese, il Sindaco democristiano di Teramo, Carino Gambacorta, aveva organizzato una manifestazione pubblica, al teatro comunale, sollecitato da Armando Ammazzalorso, comandante partigiano nella battaglia di Bosco Martese, allora consigliere comunale comunista a Teramo. Il Sindaco aveva subito l’internamento in un campo di concentramento in Germania dopo l’8 settembre. L’autore della mostra sulla Resistenza a Teramo racconta che aveva ascoltato di persona le parole di Ferruccio Parri, membro del Comitato di liberazione nazionale durante la Resistenza: “La battaglia di Bosco Martese è stata la prima battaglia in campo aperto della Resistenza italiana”.
I disegni e i dettagli descrittivi dall’autore, grazie anche alle sue accurate conoscenze, indirizzano ad una lettura più attenta di questa battaglia e a una riflessione sull’inizio storico delle battaglie della Resistenza italiana.
Renato Molinari era fascista ma, dopo il 25 luglio 1943, non volle sostenere la repubblica di Salò e si unì ai gruppi della resistenza. Espatriò in Francia, tenendo i rapporti con la resistenza francese. In uno dei suoi spostamenti in Italia, passando spesso il confine, eccellente alpinista, venne catturato e fucilato a Rivoli in Piemonte.
Melarangelo ha esposto anche una lettera inviata alla famiglia dopo la sua morte.
RENATO MOLINARI
Melarangelo racconta, con la passione che lo contraddistingue, che novanta cittadini di ispirazione socialista, socialcomunista furono catturati e per due mesi furono nel carcere di Sant’Agostino da cui poi alcuni di loro fuggirono. Di questi, tre partigiani furono catturati nella montagna teramana poi imprigionati nel carcere di Sant’Agostino di Teramo. All’indomani del processo, furono assassinati fucilandoli alla schiena davanti al muro del cimitero teramano di Cartecchio.
Uno di loro si era opposto: “Io non sono un traditore, sono un patriota, che si batte per la democrazia in Italia, fucilatemi al petto”. Invece la mattina dopo all’alba tutti tre furono legati alla sedia, con la schiena rivolta al plotone, e colpiti alle spalle. Due morirono sul colpo, il terzo sopravvisse alcuni minuti e , ansimando, al capo della squadra fascista che si avvicinò a lui, legato alla sedia, disse: “ Vergognatevi, io sapevo che non sapevate neanche mirare” e fu ucciso con un colpo alla bocca. Dei tre, uno solo era teramano, gli altri uno di Padova e l’altro di Sassari.
Si prosegue con due disegni molto ravvicinati. Nel primo sono rappresentati i tedeschi uccisi al Ceppo Di Bosco Martese, vi erano stati indirizzati da una spiata.
Nel secondo i partigiani hanno anche un cannone, prelevato dalla caserma Grue di Teramo. Nella prima battaglia campale della Resistenza italiana, secondo il racconto partigiano, allora si chiamavano patrioti, furono uccisi 50 tedeschi e furono distrutti 30 camion.
Il disegno accanto ritrae tre carabinieri e un alpino, uccisi dai tedeschi il giorno seguente. Si trovavano in servizio a Pascellata. I carabinieri erano considerati fedeli al re e quindi nemici.
Il corpo del Dottor Mario Capuani assassinato il 27 settembre, due giorni dopo la battaglia di Bosco Martese. La sorella Dora ha raccontato a Sandro Melarangelo gli ultimi momenti del fratello. Era l’alba e si trovava nella sua villa a Torricella Sicura. Bussarono al portone, la sorella aprì. Erano due militari tedeschi e un civile con l’impermeabile, dissero che avevano bisogno per una prestazione medica. La sorella salì al piano superiore e disse: “Sono venuti a prenderti”. Lui le raccomandò la protezione dei genitori e di far scomparire la pistola che era a quel piano. Disceso, il medico notò che la cornetta del telefono interno dell’alza vivande era tagliato e ebbe l’evidenza della cattiva intenzione. Fu portato al Ceppo e qui ucciso.
Mario Capuani
L’assassinio di Martella, atriano. Era stato membro del Partito d’Azione, aveva combattuto in Spagna, era il vicesegretario nazionale, quando il segretario era Rosselli. E aveva partecipato, l’8 settembre, alla battaglia di Porta San Paolo a Roma, contro i nazisti, alla quale aveva partecipato anche un altro teramano Luigi Tom Di Paolantonio.
MARTELLA
Il corpo di Ercole Vincenzo Orsini, segretario del partito comunista clandestino, un ebanista di primissimo ordine, tutti i lavori di mobilia di valore negli uffici pubblici comunali e provinciali venivano commissionati a lui, per la sua notevole capacità, aveva realizzato anche la scalinata della prefettura. Aveva partecipato anche alla liuteria internazionale. Si recava spesso a Montorio e si trovava nella piazza centrale mentre prendeva un caffè. Accerchiato, scappò, raggiunse il fiume Vomano, nei pressi c’era un mulino, si rifugiò sul tetto, ma fu catturato e ucciso.
ERCOLE VINCENZO ORSINI
Uccisione di antifascisti, scoperti dopo una spiata, portati al Ceppo e fucilati, uno solo sopravvisse, Dino Lanciaprima, (l’uomo disteso sulla destra) perché si lanciò indietro dal margine della strada, e le pallottole gli passarono sopra senza colpirlo. Alzatosi riuscì a correre, salvandosi.
20231018-0007
Camillo Pepe il nonno della moglie, il padre di Alberto, lungo è il racconto che Sandro fa della sua biografia, siamo entrati nella vita, socialmente attivissima, della famiglia.
Il disegno finale è un omaggio ad Armando Ammazzalorso dal balcone della Prefettura il giorno della liberazione.
I. E.