Dal 23 settembre 2022 al 19 marzo 2023 in mostra le figure dei ‘pictores’ che realizzarono i decori nelle case di Pompei, Ercolano ed area vesuviana
A Bologna, per la prima volta, verrà esposto un “corpus” di straordinari esempi della pittura romana, oltre 100 opere, provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Vengono da quelle domus celebri proprio per la bellezza delle loro decorazioni parietali, dalle quali spesso assumono anche il nome con cui sono conosciute. Capolavori – solo per citarne alcuni – dalle domus del Poeta Tragico, dell’Amore punito, dalle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale e dei Papiri a Ercolano.
La mostra presso il Museo Civico Archeologico proporrà anche la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come quelli della Casa di Giasone e della straordinaria domus di Meleagro caratterizzata dai suoi grandi affreschi con rilievi a stucco, per raccontare il rapporto tra spazio e decorazione, frutto della condivisione di scelte e di messaggi da trasmettere tra i pictores e i loro committenti.
Curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, l’esposizione è resa possibile da un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra Comune di Bologna, Museo Civico Archeologico e Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo.
Il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana, per contestualizzarne il ruolo e la condizione economica nella società del tempo e metterne in luce le tecniche, gli strumenti, i colori e i modelli.
Gli affreschi dai colori ancora vivaci, spesso di grandi dimensioni – restituiscono il riflesso dei gusti ed i valori di una committenza variegata oltre ad una visione originale di modelli decorativi continuamente variati ed aggiornati sulla base di mode e stili locali.
Grazie alle numerose testimonianze pittoriche conservate dopo l’eruzione avvenuta nel 79 d.C. e portate alla luce dalle grandi campagne di scavi borbonici nel Settecento, le cittadine vesuviane costituiscono un osservatorio privilegiato per comprendere meglio l’organizzazione interna e l’operato delle officine pittoriche.
Si ammirano anche gli strumenti tecnici di progettazione ed esecuzione del lavoro: colori, squadre, compassi, fili a piombo, disegni preparatori, reperti originali ritrovati nel corso degli scavi pompeiani, comprese coppe ancora ripiene di colori risalenti a duemila anni fa. Inoltre triclini, lucerne, brocche, vasi, riaffiorati negli scavi e raffigurati proprio negli affreschi in mostra, con i quali dialogavano nello spazio.
Al tempo dei romani, i pictores erano visti come abili artigiani e solo alcuni di loro conquistarono, per la qualità e la raffinatezza delle loro creazioni, il ruolo di artisti.
La loro arte, da mestiere riservato alle classi sociali marginali, schiavi e liberti, diventa arte che qualifica chi la pratica.
In occasione dell’esposizione sarà proposta una ricca offerta didattica rivolta non solo alle scuole di ogni ordine e grado ma anche alle famiglie ed al pubblico adulto.
I.E.