BOLOGNA: UN VIRUS SI TRASFORMA IN UNA NANOPARTICELLA CHE ELIMINA I TUMORI

L’Università di Bologna, capofila di un gruppo di ricerca, utilizza alcuni virus che modificati geneticamente possono trasformarsi in nuove nanoparticelle capaci di eliminare cellule e tessuti tumorali. La ricerca, progetto NanoPhage, sostenuto da fondazione AIRC, è pubblicata sulla rivista Small

18 DICEMBRE 2024

“Abbiamo messo a punto e testato un metodo che sfrutta le proprietà di specifici virus innocui per gli esseri umani. Opportunamente modificati in laboratorio, tali virus potrebbero permettere di superare alcune limitazioni dell’utilizzo di nanoparticelle in medicina”, spiega Matteo Calvaresi, professore al Dipartimento di Chimica, che ha coordinato lo studio. “Quando viene esposta alla luce, la nanobioparticella che abbiamo realizzato è capace di eliminare rapidamente le cellule e i tessuti tumorali con grande selettività, risparmiando le cellule sane”.

La nanomedicina, ovvero l’applicazione in ambiente clinico delle nanotecnologie, è un campo estremamente promettente. Tra i vantaggi dell’uso di particelle di piccolissime dimensioni ci potrebbe essere la possibilità di amplificare e concentrare in maniera considerevole l’effetto terapeutico di una singola molecola, per esempio di un farmaco, riducendo drasticamente il quantitativo necessario per la terapia e di conseguenza i possibili effetti collaterali.
Ma le attuali capacità di sintesi delle nanostrutture al momento non consentono di fabbricare nanoparticelle omogenee.

“Nel mondo macroscopico, per garantirci omogeneità, in qualsiasi processo di produzione, dai biscotti alle palline da tennis, utilizziamo degli stampi”, spiega Calvaresi. “Nel caso delle nanoparticelle questo approccio non è percorribile, poiché parliamo di oggetti con dimensioni dell’ordine dei miliardesimi di metro e non esistono stampini così piccoli”.
I ricercatori perciò hanno utilizzato un virus come elemento iniziale, in quanto i virus sono oggetti nanometrici per i quali l’assemblaggio, la forma e le dimensioni sono strettamente determinati a livello genetico.

“Siamo partiti da un particolare virus, il batteriofago M13, che infetta i batteri ed è innocuo per le piante, gli animali e gli esseri umani. Lo abbiamo utilizzato come stampo per la sintesi delle nanoparticelle”, dice Calvaresi. “A tale scopo abbiamo ‘decorato’ l’involucro virale, in gergo il capside, con delle molecole foto-attive, capaci di generare specie tossiche al contatto con la luce”.
I ricercatori sono riusciti a trasformare i virus in nanoparticelle assolutamente identiche tra loro, che possono essere utilizzabili in medicina, ad esempio per eliminare in modo mirato cellule e tessuti tumorali. Le nanobioparticelle sono state quindi valutate sperimentalmente, con ottimi risultati sia con cellule in coltura sia con animali di laboratorio.

Lo studio è stato realizzato nell’ambito del progetto NanoPhage, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. I risultati pubblicati sulla rivista Small hanno mostrato che questa strategia potrebbe diventare un importante strumento in molti campi diagnostici e terapeutici, incluso l’ambito oncologico.

I.E.

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