Tecnologie digitali e comunità locali per studiare e valorizzare i paesaggi archeologici in Iraq ed in Uzbekistan
Il nuovo progetto KALAM, coordinato dall’Università di Bologna, punta allo sviluppo di strumenti anche automatizzati e protocolli per l’analisi archeologica dei paesaggi e la gestione del patrimonio culturale, con formazione di personale specializzato e coinvolgendo anche gli abitanti delle aree individuate, dando vita così a veri e propri ‘paesaggi vissuti’.
Coinvolgere le comunità locali in Iraq ed in Uzbekistan per salvaguardare e valorizzare i paesaggi archeologici e il patrimonio culturale. È uno degli obiettivi del nuovo progetto KALAM, guidato da Nicolò Marchetti, professore di archeologia orientale al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, che è stato finanziato dalla Volkswagen Foundation (in partenariato con Compagnia di San Paolo, Riksbankens Jubileumsfond, The Wallenberg Foundations) nell’ambito dell’iniziativa “Global Issues – Integrating Different Perspectives on Cultural Heritage and Change”.
Il progetto – che coinvolge anche l’Università di Mosul (Iraq), l’Accademia delle Scienze dell’Uzbekistan e l’Università Ludwig Maximilian di Monaco (Germania) – si concentrerà sul grande sito archeologico di Ninive e sui paesaggi archeologici della Mesopotamia meridionale in Iraq e sulle valli dei fiumi Zeravshan e Surkhandarya in Uzbekistan.
“Questo progetto mira a ripensare il nostro approccio ai paesaggi archeologici attraverso nuove pratiche per la loro documentazione, conservazione e gestione: l’obiettivo è dare vita a dei ‘paesaggi vissuti’ favorendo la conoscenza e l’interesse per la protezione dei territori da parte delle comunità che li abitano”, spiega il professor Marchetti. “Le aree dell’Iraq e dell’Uzbekistan che abbiamo individuato presentano infatti un contesto socio-politico fragile che può portare a minacciare la conservazione del patrimonio culturale: per questo servono strategie flessibili ed efficaci da poter applicare sul campo”.
Gli studiosi lavoreranno innanzitutto sull’intreccio tra le analisi da remoto dei paesaggi consentite dalle tecnologie digitali e le attività sul campo. Gli strumenti per telerilevamento tramite droni o immagini satellitari (gestiti in ambiente GIS), verranno infatti usati in parallelo alle applicazioni di intelligenza artificiale per il riconoscimento automatico dei siti archeologici nella pianura alluvionale (rafforzando una collaborazione già avviata con il prof. Marco Roccetti), cui seguirà poi una verifica sul campo: ci si aspetta di poter quadruplicare i siti conosciuti nelle aree di lavoro prescelte.
MDG