Dal 13 al 16 gennaio, in scena al Teatro Storchi di Modena due atti unici di Eduardo De Filippo
Carlo Cecchi dà loro corpo e voce, firmando anche la regia: due maestri per due testi ‘ Dolore sotto chiave’ e ‘ Sik Sik, l’artefice magico‘ di Eduardo, in cui comicità, teatro di tradizione napoletana, poesia e toni “noir” convivono. Un’occasione per apprezzare il teatro di De Filippo, fra divertimento e riso amaro.
In scena accanto a Cecchi i suoi attori storici – Angelica Ippolito e Vincenzo Ferrera – ed i nomi più giovani: Dario Iubatti, Remo Stella, Marco Trotta.
Dolore sotto chiave nasce come radiodramma nel 1958 ed è andato in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Capasso.
Lucia per molti mesi nasconde al fratello – per paura che possa compiere un gesto disperato – la morte della moglie Elena e finge di occuparsi delle cure della donna, gravemente malata.
Quindi nel “Dolore sotto chiave” torna in scena il tema della morte, affrontato da Eduardo in tante sue opere.
Sik-Sik l’artefice magico, scritto nel 1929, è uno dei capolavori del Novecento da cui nasce tutto il teatro di Eduardo.
«Come un film di Chaplin – afferma Carlo Cecchi – è un testo immediato, comprensibile da chiunque e nello stesso tempo raffinatissimo. L’uso che Eduardo fa del napoletano ed il rapporto tra il napoletano e l’italiano trova qui l’equilibrio di una forma perfetta, quella, appunto, di un capolavoro».
Sik-Sik (in napoletano “sicco” significa secco, magro) è un illusionista maldestro e squattrinato che si esibisce in teatri di basso ordine con la moglie Giorgetta e la spalla Nicola. Una sera il compare non si presenta in tempo e Sik-Sik decide di sostituirlo: ma con il ripresentarsi di Nicola poco prima dello spettacolo, i due iniziano a litigare ed i numeri di prestigio finiscono in un disastro.
Eduardo De Filippo reinterpretò Sik-Sik alla fine della sua carriera e recitò nel 1980, al Manzoni di Milano, affiancato dal figlio Luca e da Angelica Ippolito. «Partecipai all’edizione del 1980 – ricorda Luca De Filippo in un’intervista – allora ero giovane, fu un momento bellissimo. Avevo già fatto parti importanti, ma nel ruolo di Rafele riuscii per la prima volta a far ridere mio padre».
Carlo Cecchi: dopo aver frequentato all’inizio degli anni Sessanta l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica come allievo attore, dal 1968 ha diretto numerosi spettacoli e recitato in molti ruoli. Con il Teatro Stabile delle Marche (oggi Marche Teatro), di cui è artista di riferimento dal 2003, ha in repertorio numerosi spettacoli; in tutti Cecchi è protagonista e regista.
I.E.